martedì 21 febbraio 2012

IL DOLORE DEL PARTO

“Il dolore del parto differisce da altri perché è vitale e finalizzato a un atto creativo. Fra la visione greca del dolore, inscindibile dalla vita, e quella ebraico - cristiana, in cui esso è connesso alla colpa e alla salvezza, si forma l’esperienza storica del parto, che passa da questione familiare e femminile a una dimensione medica e scientifica.
Nel parto il dolore assume due valenze: una sincronizzazione del processo che madre e figlio stanno affrontando o una prevalenza dell’angoscia che rende negativa l’esperienza.
Il cesareo sembra togliere qualcosa dall’esperienza del parto, mentre la pratica dell’epidurale è molto più rispettosa del vissuto materno e del benessere del nascituro.
In entrambi i casi è essenziale la capacità di accompagnare la donna , di condividere la sua esperienza senza lasciarla in balia della solitudine.
Il compito di procedere spetta prevalentemente all’ostetrica, il cui ruolo non è in competizione con quello del medico.
Falso è il dilemma del soffrire o non soffrire. Piuttosto, la madre deve farsi carico di una responsabilità che investe sé e suo figlio.”
(Silvia Vegetti Finzi)

Il dolore è una variabile che dipende da diverse condizioni, non è misurabile in termini di quantità.
Non è possibile stabilire una soglia oltre la quale il dolore diventi insopportabile e abbia dunque bisogno dell’intervento medico.
E’ inaccettabile che il travaglio ed il parto siano le uniche situazioni in cui la sofferenza ed il dolore vengano definite come “sopportabili” e non venga preteso l’intervento medico come in qualsiasi altra situazione di disagio fisico.
Questo accade perché il dolore del parto è considerato come un insostituibile monitoraggio del processo che madre e figlio stanno affrontando ed il problema si sposta dall’ambito sanitario a quello psicologico, dall’evento fattuale all’esperienza esistenziale.
Per queste ragioni una donna che decide di usufruire dell’analgesia epidurale, deve scontrarsi con le idee di chi sostiene che il parto senza dolore non sia naturale e la scelta per lei diventa molto complessa.
Scegliere tra il parto spontaneo e quello in analgesia non è mai facile e deve essere comunque una scelta condivisa con i sanitari. Decidere in gravidanza di intraprendere il “percorso per l’epidurale”, quindi sottoporsi a prelievi e visite dell’anestesista, non preclude alla futura mamma di scegliere al momento del parto se farne uso o no. Solo dopo aver sperimentato il dolore si potrà decidere consapevolmente se è possibile farne a meno o se invece soggettivamente la sofferenza è insopportabile.
In alcuni casi il dolore può trasformarsi in angoscia, può divenire una capsula di chiusura ostacolando il buon proseguimento del travaglio.
E’ sicuramente vero che molte donne, pur avvertendo dolore durante il travaglio ed il parto, al momento della nascita del proprio bambino non sentono più nulla, sono pervase dalla felicità e dalle endorfine e ricordano quei momenti in maniera positiva.
In altri casi però, quando l’esperienza è stata vissuta come estremamente negativa, il ricordo può essere spiacevole e può indurre la donna a non voler mai più trovarsi in una situazione simile.
Quando la situazione lo richiede, l’analgesia epidurale è di estremo aiuto e permette alla puerpera di sentirsi molto più disponibile all’accoglimento e al riconoscimento del suo bambino.
Infatti, all’inizio della vita tutto è essenziale e determinante. Una madre turbata dall’esperienza appena passata, sarà meno predisposta all’affettività ed alla creazione del legame con il proprio figlio. Questo può tramutarsi in un disagio psichico che si ripercuote sulle capacità della neo-mamma di accudire e nutrire il neonato. La donna si sentirà inesperta e non idonea al “mestiere” di mamma e correrà il rischio di cadere in depressione.
Per evitare che tutto ciò accada è fondamentale la capacità dell’ostetrica di accompagnare la donna, di creare un rapporto affettivo e di fornire un’assistenza continua diventando un punto di riferimento psicologico oltre che assistenziale.
L’ostetrica deve garantire alla donna la possibilità di scegliere liberamente e consapevolmente come partorire, illustrandole le alternative e adattando l’arte della sua assistenza al soggetto specifico.
La donna non deve sentirsi influenzata dal pensiero di altre persone o da credenze culturali. Solo in questo modo la mamma si sentirà partecipe della nascita del suo bambino e felice dell’esperienza vissuta.
In mancanza di prescrizioni mediche, non esiste un motivo oggettivo per vivere piuttosto che sedare il dolore.
La singola persona può sentirsi libera e autodeterminata per aver scelto l’una o l’altra strada, tenendo presente che la nascita è un evento pluridimensionale: individuale, relazionale e sociale.

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